La prima delle tre imprese che ha esposto il proprio modello di business è stata La San Marco SpA (sede a Gradisca d’Isonzo, GO), produttrice di macchine per il caffè con una tradizione di impresa centenaria. Roberto Nocera, direttore generale, ha sottolineato che il caffè non è soltanto un prodotto, ma emozione e cultura, trasmesse anche dalle macchine per prepararlo, nelle quali il design (oltre alla tecnologia impiegata) rappresenta un momento importante di differenziazione. L’impresa stabilisce una relazione forte e personalizzata con i clienti, sia con dei pacchetti completi ad essi dedicati, sia con l’attivazione di una applicazione che costituisce una funzionalità digitale per rimanere in connessione con essi (creando così una relazione di lock-in per quanti commercializzano i prodotti). Nonostante il lockdown imposto dal Covid abbia portato a restrizioni che si sono ripercosse anche sul consumo del caffè (e soprattutto nella perdita della socialità della sua fruizione), l’attività dell’impresa si è adeguata indirizzandosi al canale B2C, con le macchine prodotte per uso domestico.

Fabrizio Polojaz, socio fondatore di Primo Aroma Srl, parte da un’esperienza di lungo corso (così come il suo socio) nel settore del caffè. Primo Aroma ha voluto coniugare la tradizione all’innovazione, tenendo conto delle modifiche nell’aspettativa dei clienti. Da qui l’orientamento verso un prodotto non unico, ma diversificato con la creazione di miscele di tipo diverso, come i vini in una cantina per usare le parole di Fabrizio Polojaz. Dare fiducia ad un’impresa che produce caffè significa confidare in un prodotto per sua natura effimero, che però ha una cultura dietro di sè ed è in grado di trasmettere emozioni, raccontando quanto il produttore vuole fare e trasmettere.

Massimiliano Fabian, amministratore delegato, ha descritto Demus Srl, società specializzata nella decaffeinizzazione del caffè crudo che opera anche quale laboratorio di analisi accreditato. La caffeina prodotta viene venduta ed utilizzata nel settore farmaceutico e nella produzione di bibite.  L’attività svolta ha un alto contenuto innovativo, caratterizzata da un’elevata collaborazione con altre aziende. Una forma di innovazione aperta, praticata nonostante le piccole dimensioni aziendali, in un settore nel quale rivestono importanza modelli di business non solo digitali, ma anche sostenibili e circolari.     

Per entrambe le aziende il periodo Covid è coinciso certamente con la crisi del settore Horeca: la necessità di evitare situazioni future analoghe comporta una necessità di diversificazione, per le quali però potrebbero non essere sufficienti l’aspetto esperienziale o le implicazioni culturali del caffè, quanto la capacità di guardare a prodotti nuovi e a situazioni di mercato più ampie delle precedenti. Quali possono essere? Alcuni spunti innovativi sono stati suggeriti dagli “inviati”. Uno di essi è Niche Zero Coffee Grinder, macchina che macina il caffè senza lasciare nessun residuo (progetto che va ricordato come sia stato finanziato per 5 milioni di euro tramite una piattaforma di crowdfunding). Un altro esempio di innovazione è quella proposta dalla business community nata dall’accordo fra Starbucks e WeChat: gli utenti di quest’ultima possono lasciare un “caffè sospeso” a persone che, con un QR-code da presentare in una qualunque caffetteria Starbucks potranno godersi il caffè gratuitamente. Oppure, ancora, il caffè molecolare – ottenuto dalla Startup americana Atomo con l’eliminazione dei chicchi e la ricreazione della struttura del caffè con altri semi.